L’articolo 1218 del Codice civile statuisce che: “Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.
Il debitore che non provveda ad eseguire esattamente la prestazione dovuta determina un inadempimento, il quale genera una responsabilità. Solo l’impossibilità sopravvenuta della prestazione (e non la mera difficoltà, anche grave) che, in più, derivi da causa non imputabile al debitore, rende l’inadempimento incolpevole.
La recente diffusione del Coronavirus COVID-19 sul territorio nazionale rischia pertanto di colpire – come già sta accadendo – diversi operatori economici in settori fondamentali della vita aziendale, comportando un possibile aumento del rischio di “inadempimento contrattuale” da parte di quelle ditte che hanno assunto obbligazioni commerciali e sulle quali l’epidemia ha o avrà inevitabilmente effetti sospensivi se non addirittura estintivi.
Sul punto, giova evidenziare che l’inadempimento contrattuale, ai sensi dell’art. 1218 c.c., è costituito dalla mancata esecuzione di una prestazione qualora sia carente, da parte, dell’obbligato, l’impegno di diligenza e di cooperazione richiesto, secondo il tipo di rapporto obbligatorio, per la realizzazione dell’interesse del creditore, ciò nel presupposto che la prestazione sia soggettivamente possibile. In buona sostanza, la difficoltà nell’adempimento non impedisce la prestazione, con conseguente liberazione del debitore, ma costituisce soltanto un ostacolo che il debitore è tenuto a superare con la dovuta diligenza.
L’art. 1218 c.c. di fatto pone a carico del debitore, per il solo fatto dell’inadempimento, una presunzione di colpa iuris tantum, superabile mediante la prova dello specifico inadempimento che abbia reso impossibile la prestazione o almeno la dimostrazione che, qualunque sia stata la causa dell’impossibilità, la medesima non possa essere imputabile al debitore.
Non sarebbe, pertanto, semplice per l’imprenditore inadempiente dimostrare che il Coronavirus – o le misure adottate dalle autorità – possa costituire valida causa di impossibilità o di sopravvenuta onerosità delle prestazioni contrattuali assunte.
L’articolo 91 del Dl 18/2020 “Disposizioni in materia ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dall’attuazione delle misure di contenimento e di anticipazione del prezzo in materia di contratti pubblici” tende una mano agli imprenditori che si troveranno in tale situazione di inadempienza contrattuale affermando che “il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali” Non adempiere le obbligazioni contrattuali in questo periodo, in cui sono attive le «misure di contenimento» disposte per arginare Covid-19, non genera pertanto automaticamente conseguenze negative per il debitore: il giudice che sia chiamato a decidere in ordine alle conseguenze generate dall’inadempimento dovrà necessariamente “valutare” la situazione concreta mettendo e valutando da un lato l’inadempimento e dall’altro la necessità di rispettare le «misure di contenimento» (ad esempio: le limitazioni agli spostamenti).