Corte di Cassazione, Sezione 3 Civile, Sentenza del 19 gennaio 2018, n. 1272.

Se hai riportato un colpo di frusta o altro tipo di lesione micropermanente a seguito di un sinistro stradale, non è obbligatorio, al fine di ottenere il giusto risarcimento, effettuare accertamenti strumentali ma sarà necessario il solo riscontro medico legale.

La Terza sezione civile della Cassazione, con la sentenza n. 1272 del 2018, conferma l’indirizzo che ha reso meno rigida l’interpretazione dei vincoli antifrode introdotti dal Dl 1/2012, precisando che gli esami eseguiti con strumentazione sono necessari solo se richiesti da criteri scientifici.

Il legislatore con il Dl 1/2012 volle dettare una norma che, in considerazione dei possibili margini di aggiramento della prova rigorosa dell’effettiva sussistenza della lesione, imponesse viceversa una prova sicura. Ciò a seguito delle numerose richieste di risarcimento per lesioni di lieve entità quali ad esempio il cosiddetto colpo di frusta che ai fini statistici assumono grande rilevanza per la gestione del sistema assicurativo comportando comunque ingenti costi collettivi.

Il Decreto Legge n. 1 del 2012, articolo 32, commi 3-ter e 3-quater, inseriti entrambi dalla L. n. 27 del 2012, di conversione del Decreto Legge stesso, introdusse infatti alcune modifiche nel sistema risarcitorio del Decreto Legislativo n. 209 del 2005, articolo 139.

In particolare, con il comma 3-ter si è modificato il comma 2 dell’articolo 139 cit. aggiungendo il seguente periodo: “In ogni caso, le lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, non potranno dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente”. Con il comma 3-quater si è invece aggiunto che “il danno alla persona per lesioni di lieve entità di cui al Decreto Legislativo 7 settembre 2005, n. 209, articolo 139, è risarcito solo a seguito di riscontro medico legale da cui risulti visivamente o strumentalmente accertata l’esistenza della lesione”.

Già con la sentenza del 26 settembre 2016, n. 18773 la Suprema Corte ha affermato che la ratio delle medesime norme va tratta assumendo come punto di riferimento la previsione del Decreto Legislativo n. 209 del 2005, articoli 138 e 139 e, in particolare, la previsione dell’articolo 139, comma 2, secondo cui “per danno biologico si intende la lesione temporanea o permanente dell’integrità psico-fisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale” pervenendo alla conclusione che anche alla luce della norma sopravvenuta (che richiede un accertamento clinico strumentale obiettivo) i criteri di accertamento del danno biologico non sono “gerarchicamente ordinati tra loro ma da utilizzarsi secondo le leges artis” in modo da condurre ad una “obiettività dell’accertamento stesso, che riguardi sia le lesioni che i relativi postumi (se esistenti)”.

Anche la Corte costituzionale, tornando ad occuparsi della materia, dopo la sentenza n. 235 del 2014, con l’ordinanza n. 242 del 2015, ha avuto modo di chiarire che il senso della normativa del 2012 è quello di impedire che l’accertamento diagnostico ridondi in una “discrezionalità eccessiva, con rischio di estensione a postumi invalidanti inesistenti o enfatizzati”.

Il rigore che il legislatore ha dimostrato di esigere non può, pertanto, tuttavia essere inteso, come pure alcuni hanno sostenuto, nel senso che la prova della lesione debba essere fornita esclusivamente con l’accertamento clinico strumentale; come già affermato dalla citata sentenza n. 18773 del 2016, infatti, è sempre e soltanto l’accertamento medico legale svolto in conformità alle leges artis a stabilire se la lesione sussista e quale percentuale sia ad essa ricollegabile.

Con la sentenza in oggetto la Cassazione ha pertanto confermato il predetto orientamento enunciando il seguente principio di diritto: “In materia di risarcimento del danno da c.d. micropermanente, il Decreto Legislativo 7 settembre 2005, n. 209, articolo 139, comma 2, nel testo modificato dal Decreto Legge 24 gennaio 2012, n. 1, articolo 32, comma 3-ter, inserito dalla Legge di Conversione 24 marzo 2012, n. 27, va interpretato nel senso che l’accertamento della sussistenza della lesione temporanea o permanente dell’integrita’ psico-fisica deve avvenire con rigorosi ed oggettivi criteri medico-legali; tuttavia l’accertamento clinico strumentale obiettivo non potrà in ogni caso ritenersi l’unico mezzo probatorio che consenta di riconoscere tale lesione a fini risarcitori, a meno che non si tratti di una patologia, difficilmente verificabile sulla base della sola visita del medico legale, che sia suscettibile di riscontro oggettivo soltanto attraverso l’esame clinico strumentale”.