Come ormai espressamente riconosciuto dal Consiglio di Stato (Ad. Plen., 28 gennaio 2015, n. 1 e successiva giurisprudenza consolidata) è stato riconosciuto il diritto degli studenti italiani iscritti all’estero di ottenere il trasferimento in Italia ad anni successivi al primo, senza dover superare il test di ammissione al primo anno.
La possibilità di accesso alla Facoltà di Medicina e Chirurgia non è, infatti, condizionata necessariamente al previo superamento delle prove di ammissione, prescritte per l’immatricolazione al primo anno di corso. In presenza di posti disponibili e previo riconoscimento di un diverso percorso universitario, compiuto all’estero, o presso altre facoltà italiane, pertanto, gli studenti iscritti in una facoltà straniera di Medicina potranno trasferirsi in Italia senza dover superare dei test d’ammissione. Sarebbe infatti illogico pretendere il superamento del test, predisposto per l’immatricolazione al primo anno, anche nei confronti di chi abbia già dimostrato le proprie attitudini in un corso di laurea affine.
Tale principio si dovrebbe facilmente evincere dalla lettura delle stesse norme in materia di accesso ai corsi universitari, art. 4 della legge 2 agosto 1999, n. 264 che subordina, infatti, l’ammissione ai corsi i cui accessi sono programmati a livello nazionale o dalle singole università al “previo superamento di apposite prove di cultura generale, sulla base dei programmi della scuola secondaria superiore, e di accertamento della predisposizione per discipline oggetto dei corsi medesimi”. Coerentemente la citata normativa richiede che le prove di cui trattasi siano riferite al livello formativo assicurato, appunto, dagli studi liceali, in un logico “continuum temporale” fra detti studi e la prima ammissione al corso di laurea di cui trattasi.
Nessuno specifico requisito di ammissione, invece, è formalmente richiesto per i trasferimenti, disciplinati dall’art. 3, commi 8 e 9 del D.M. del 16 marzo 2007 (Determinazione delle classi di laurea magistrale), limitandosi, infatti, tali norme a disporre il riconoscimento dei crediti già maturati dagli studenti, in caso di passaggio non solo ad una diversa università, ma anche ad un diverso corso di laurea, rimettendo la determinazione di criteri e modalità per effettuare tale riconoscimento ai regolamenti didattici, senza esclusione di eventuali colloqui per la verifica delle conoscenze possedute dallo studente.
Solo per il primo accesso alla facoltà appare, pertanto, ragionevole un accertamento della predisposizione agli studi da intraprendere, mentre per gli studenti già inseriti nel sistema (ovvero, già iscritti in università italiane o straniere) può richiedersi soltanto una valutazione dell’impegno complessivo di apprendimento, come già dimostrato dall’acquisizione dei crediti corrispondenti alle attività formative compiute.
Per il trasferimento, sia in ambito nazionale che con provenienza da università straniere, l’ammissione agli studi universitari si pone come requisito pregresso, divenuto irrilevante in quanto superato dal percorso formativo-didattico già seguito in ambito universitario.
Tuttavia, le Università italiane continuano ad ostacolare gli studenti che intendono trasferirsi da una Università estera attraverso bandi e provvedimenti illegittimi che: 1) negano l’esistenza di posti liberi laddove in realtà i posti liberi esistono, 2) disconoscono la carriera dello studente nonostante le materia siano sovrapponibili e l’esistenza di leggi che impongono il riconoscimento, 3) pretendono requisiti irragionevoli in termini di materie sostenute all’estero, 4) applicano ai trasferimenti dall’estero regole più severe (e dunque discriminatorie) di quelle applicate ai trasferimenti dall’Italia.
Molti atenei, obbligati per legge a bandire i posti per gli studenti stranieri, emanano bandi senza posti disponibili considerando, erroneamente, nel calcolo per i posti disponibili, le immatricolazioni in seguito ad un provvedimento giurisdizionale. Tali immatricolazioni non devono tuttavia incidere su questo aspetto in quanto i ricorrenti sono stati immatricolati in sovrannumero e pertanto al di fuori da tale computo.
Cosa fare, quindi, se si vuole chiedere il trasferimento e tornare in Italia?
Al fine di ottenere il trasferimento occorre presentare istanza nelle università di proprio interesse, nel rispetto dei bandi che annualmente vengono pubblicati dagli atenei.
Per i casi in cui l’Ateneo prescelto non abbia previsto alcun posto disponibile per il proprio anno di rifermento, verrà predisposta apposita istanza con la quale verrà richiesta all’ateneo la documentazione inerente il calcolo dei posti liberi e i criteri utilizzati. In tal modo, si potranno avere le informazioni necessarie per poter comprendere la legittimità, o meno, dell’azione dell’Ateneo e meglio far valere le ragioni degli studenti.
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