Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 19/10/2017 n° 24675

Le Sezioni unite della Suprema Corte di Cassazione pongono fine ad un annoso contrasto sorto nella giurisprudenza di merito e di legittimità in seguito all’entrata in vigore della Legge n. 108 del 1996 circa la liceità della cosiddetta usura sopravvenuta, ovverosia quel meccanismo secondo il quale gli interessi, legittimi al momento della loro pattuizione, superino nel corso del tempo la soglia di usura così come calcolato per i periodi successivi a quello della stipula del finanziamento.

Un corposo orientamento giurisprudenziale, nonché diverse pronunce dell’Arbitrato bancario finanziario, aveva affermato l’incidenza della nuova legge sui contratti in corso alla data della sua entrata in vigore, sostenendo pertanto la nullità dei tassi di interesse pattuiti a seguito dell’operatività del meccanismo previsto dalla stessa legge ed arrivando a cancellare del tutto gli interessi dovuti ex art. 1815 c.c.

Le Sezioni unite, hanno definitivamente negato la configurabilità dell’usura sopravvenuta, essendo il giudice vincolato all’interpretazione autentica dell’art. 644 c.p., e art. 1815 c.c., comma 2, come modificati dalla L. n. 108 del 1996, imposta dal Decreto Legge n. 394 del 2000, art. 1 comma 1, il quale attribuisce rilevanza, ai fini della qualificazione del tasso convenzionale come usurario, al momento della pattuizione dello stesso e non al momento del pagamento degli interessi.

La Suprema Corte ha, pertanto, enunciato il seguente principio di diritto: “Allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura come determinata in base alle disposizioni della legge n. 108 del 1996, non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all’entrata in vigore della predetta legge, o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula; né la pretesa del mutuante può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di tale soglia, contraria al dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto”