Come comportarsi quando un soggetto (consumatore o professionista e/o imprenditore non fallibile) non è più in grado di far fronte con il proprio reddito ai debiti contratti, quando non si è più in grado di pagare le bollette, le rate del mutuo, i fornitori o le tasse.
Quando anche le minime azioni quotidiane necessarie come il pagamento di un corso di studi per un figlio o un esame medico diventano un grave problema.
Tale condizione viene definita crisi da sovraindebitamento, ovvero quando il debito è maggiore del reddito disponibile.
Le cause possono essere le più varie come la perdita del lavoro, una malattia prolungata o una riduzione dello stipendio. La stessa situazione di emergenza sanitaria che ha colpito l’attuale momento storico ha inciso ed incide gravemente sulla capacità dei soggetti di far fronte agli impegni economici assunti.
Purtroppo quando tutto ciò accade è difficile capire come comportarsi e soprattutto come uscirne.
Una via di uscita è offerta dalla Legge n. 3 del 27 gennaio 2012
Che cos’è il sovraindebitamento
La Legge n. 3 del 27 gennaio 2012 definisce sovraindebitamento “una situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio liquidabile per farvi fronte, nonché la definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni”.
Si tratta sostanzialmente dello stato di indebitamento cronico, di perdurante insolvenza e impossibilità di far fronte a tutte le obbligazioni assunte. Basta immaginare un nucleo familiare in cui l’unico lavoratore viene licenziato e si trova a dover affrontare il pagamento del mutuo, delle spese sanitarie, delle tasse ecc.
Chi può accedere alla composizione della crisi da sovraindebitamento
I soggetti a cui si rivolge la legge sono il consumatore, il piccolo imprenditore, l’imprenditore agricolo, le start up innovative, i professionisti.
Questi possono accedere alla procedura della composizione della crisi e trovare un accordo di ristrutturazione del debito o presentare un piano consumatore.
Nel dettaglio, la Legge n. 3 del 27 gennaio 2012 offre tre sistemi per la risoluzione della crisi:
1. la procedura dell’accordo del debitore (dedicata a imprenditori non fallibili e liberi professionisti);
2. la procedura del piano del consumatore (si caratterizza per l’assenza di un procedimento volto ad acquisire il consenso dei creditori);
3. la procedura di liquidazione del patrimonio.
Tutte e tre le procedure ruotano attorno all’organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento.
La differenza tra la procedura di accordo del debitore e piano del consumatore consiste nella necessità, solo nel primo caso, di acquisire il consenso di tanti creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti. Resta la possibilità per il debitore di avvalersi di propri consulenti per il confezionamento della proposta di accordo o del piano, depositando quindi il ricorso al Tribunale e chiedendo di nominare un professionista per la valutazione dell’accordo o del piano e per l’attestazione di fattibilità.
La proposta di accordo
La proposta di accordo, da depositatare presso il Tribunale del luogo di residenza o sede del debitore tramite gli appositi “Organismi di composizione della crisi”, deve indicare l’elenco di tutti i creditori, le relative somme dovute, l’elenco dei beni, gli eventuali atti di disposizioni effettuati negli ultimi cinque anni, le ultime tre dichiarazione dei redditi, l’elenco delle spese per il sostentamento del debitore e della sua famiglia (con indicazione del numero dei componenti), l’attestazione di fattibilità del piano rilasciata da un professionista (avvocato o commercialista).
Dopo che tutti i creditori sono stati informati dall’Organismo del contenuto della proposta, l’accordo si ritiene raggiunto quando essi fanno pervenire al medesimo organismo di composizione della crisi la dichiarazione scritta del proprio consenso alla proposta, con eventuali modifiche.
Il piano del consumatore
Il piano del consumatore prevede i seguenti passaggi: la redazione di un piano da parte dell’Organismo di composizione della crisi; il deposito nel tribunale del luogo di residenza del soggetto sovraindebitato; la valutazione giudiziale della fattibilità del piano, della condotta del consumatore con riguardo alla ragionevole prospettiva di adempimento delle obbligazioni al momento della loro assunzione, della mancanza di colpa nella determinazione del sovraindebitamento.
Il piano del consumatore è rimesso interamente alla discrezionalità del giudice. Per tale motivo vi è l’obbligo specifico di redazione, a cura dell’Organismo di composizione, di una relazione particolareggiata, da allegare al piano e contenente, oltre all’attestazione della completezza e dell’attendibilità della documentazione presentata nonché della probabile convenienza della proposta rispetto all’alternativa liquidatoria, quanto segue:
L’indicazione delle cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal consumatore nell’assumere volontariamente le obbligazioni;
L’esposizione delle ragioni dell’incapacità di adempimento da parte del consumatore;
Il resoconto della solvibilità del consumatore negli ultimi 5 anni;
L’indicazione degli eventuali atti del debitore impugnati dai creditori.
Poiché la proposta del piano non sarà portata all’esame dei creditori, il Tribunale non solo dovrà verificare la fattibilità dello stesso, ma anche valutare la meritevolezza del consumatore e l’assenza di colpa nell’assunzione di obbligazioni eccessive rispetto alla sua capacità di rimborso.
Liquidazione del patrimonio
Quando non è possibile agire attraverso il piano del consumatore, che permette una certa libertà di scelta sui beni vendere, vi è l’alternativa della liquidazione del patrimonio cioè della vendita di tutti i propri beni.
Il debitore presenta una lista di beni da vendere con il cui ricavato verranno estinti i debiti secondo un piano di rientro.
Con la liquidazione si determina lo spossessamento dei beni del debitore e si dà luogo all’accertamento del passivo tramite deposito di istanze di insinuazione dei creditori.
I vantaggi delle procedure elencate sono chiari e consistono nel possibile ridimensionamento anche dei crediti privilegiati, del blocco del decorso degli interessi sui debiti chirografari, e quindi nella possibilità di ottenere il blocco delle procedure esecutive e l’esdebitazione nel caso di regolare adempimento del piano per debiti non soddisfatti.