L’immagine e la cura dell’aspetto fisico delle persone ha acquisito sempre più importanza nella nostra società e molte volte si ha avuto il bisogno di ricorrere ad interventi di chirurgia estetica, per apportare migliorie o cambiamenti, che tuttavia, non sempre sono giunti al risultato sperato.
In quali casi il medico chirurgo estetico è responsabile se il risultato atteso non è quello concordato con il paziente?
La Suprema Corte, con la sentenza del 6 giugno 2014, n. 12830, ha affermato che “quando ad un intervento di chirurgia estetica segue un inestetismo più grave di quello che si mirava ad eliminare o attenuare, la responsabilità del medico per il danno derivatone è conseguente all’accertamento che il paziente non sia stato adeguatamente informato di tale possibile esito, ancorché l’intervento risulti correttamente eseguito”.
È innanzitutto necessario premettere che il rapporto nascente tra il professionista ed il paziente determina un’obbligazione, ovvero “un rapporto giuridico dove vi è una parte vincolata ad eseguire una prestazione suscettibile di valutazione economica nei confronti di un altro soggetto” ai sensi dell’art. 1174 c.c.
Diversamente da quello che accade per la chirurgia generale, tenuto come tutti i professionisti solo a una obbligazione di mezzi, in dottrina e giurisprudenza si ritiene che diversamente dalla prima il chirurgo estetico debba garantire con l’obbligazione assunta la garanzia dell’ottenimento del risultato pattuito, con la conseguenza che l’operatore può ritenersi inadempiente non solo in caso di inosservanza della diligenza nel comportamento pattuito, ma in ogni caso di assenza del raggiungimento dello scopo prefissato.
La recente Sentenza n. 12113/2015 del Tribunale di Milano ha infatti affermato che: “chi si rivolge ad un chirurgo plastico lo fa per finalità esclusivamente estetiche e dunque, per rimuovere un difetto e per raggiungere un determinato risultato: ne consegue che il risultato rappresentato dal miglioramento estetico dell’aspetto del paziente non è solo un motivo, ma entra a far parte del nucleo causale del contratto, determinandone la natura”.
Oltre all’accordo intercorso tra medico e paziente, di cui il medico deve provare di aver diligentemente operato nel rispetto di quanto stabilito, è necessario focalizzare l’attenzione sul consenso informato del paziente stesso. Infatti, egli deve essere opportunamente informato sul risultato dell’operazione a cui sarà sottoposto e il risultato prestabilito, che potrebbe non essere quello soggettivamente desiderato, deve però necessariamente coincidere con l’informazione che il professionista ha fornito al paziente; in un preciso momento, ovvero quello della sottoscrizione del “consenso informato”.
Quali sono i danni, quindi, per cui il paziente può richiedere il risarcimento nei confronti del medico per il mancato raggiungimento del risultato promesso?
Il paziente dovrà essere risarcito per tutti i danni i danni morali, patrimoniali e non patrimoniali, ivi incluso l’eventuale mancato guadagno documentato e il danno esistenziale o da perdita di chance ove esistente.
La Suprema Corte ha, inoltre, stabilito che il paziente ha il diritto al risarcimento per tutte le spese eventualmente sostenute di nuovi interventi chirurgici volti a compensare il reale risultato che era stato prospettato. Nell’ambito del danno patrimoniale, l’art. 1223 c.c. stabilisce, infatti, che vi debba essere la riparazione a carico del danneggiante tanto della perdita subita quanto del mancato guadagno. Il pazienta avrà, pertanto, diritto al risarcito per tutti gli esborsi affrontati per curare eventuali menomazioni fisiche e psicologiche.
Il desiderio di valorizzare l’aspetto fisico che oggi pervade le persone finisce per dilatare le aspettative riposte negli interventi di chirurgia estetica, ritenuti idonei a soddisfare ogni desiderio. A prescindere dalla natura del rapporto chirurgo-paziente e dal tipo di obbligazione di assunta dal medico, particolare rilevanza assume la corretta informazione resa al paziente e il contenuto specifico del consenso informato, che diviene contemporaneamente fonte e limite della responsabilità del chirurgo.