La Cassazione, con la sentenza n. 7354/2021, ha respinto il ricorso del Ministero della Sanità contro la decisione della Corte d’appello di Lecce che, in sede di rinvio e in riforma della sentenza del Tribunale di Brindisi, aveva accolto la domanda di una donna volta ad ottenere l’indennizzo previsto dall’art. 1 delle Legge n. 210/1992, l’indennizzo di cui all’art. 1 della Legge n. 229/2005 e l’assegno una tantum di cui all’art. 4 della Legge n. 229/2005.
Il giudice di primo grado, ravvisato il nesso di causalità tra la vaccinazione e la malattia, tuttavia, non si esprimeva circa la possibilità di riconoscere l’indennizzo in presenza di vaccinazioni non obbligatorie ma facoltative.
In secondo grado, La Corte di appello, dopo aver sottolineato che la vaccinazione era stata fortemente incentivata dalla Regione, affermava invece che non poteva farsi alcuna differenza tra l’iniezione “imposta” e quella “raccomandata,” e dunque al ricorrente spettava l’indennizzo.
Secondo la Corte d’appello, infatti, la fattispecie rientrava nella sfera di applicabilità della Legge n. 210/1992 rilevando che “la vaccinazione antiepatite A, pur non imposta come obbligo giuridico, era stata fortemente incentivata dalla Regione senza lasciare spazio alla discrezionalità del singolo e che, dunque, non poteva differenziarsi dal caso in cui la vaccinazione era imposta per legge, da quello in cui era raccomandata da specifici atti normativi come nella fattispecie e che, pertanto, in base ad un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma, anche i danni derivati dalla vaccinazione di epatite di tipo A dovessero essere indennizzati” ai sensi della norma richiamata.
Avverso la decisione della Corte di Appello, il Ministero della Salute presentava ricorso in Cassazione, la quale, dopo aver esaminato il caso, sollevava questione di legittimità costituzionale della Legge 210/1992 nella parte in cui non prevedeva il diritto all’indennizzo ai soggetti che avessero subito lesioni per effetto della vaccinazione antiepatite A non obbligatoria ma raccomandata.
La Consulta con sentenza n. 118/2020 accoglieva l’eccezione e dichiarava l’illegittimità dell’art 1, comma 1, della legge n. 210/1992 “nella parte in cui non prevede il diritto ad un indennizzo a favore di chiunque abbia riportato lesioni o infermità da cui sia derivata una menomazione permanente all’integrità psico-fisica, a causa della vaccinazione contro il contagio da virus dell’epatite A”.
Riassunto il giudizio, la Cassazione ha, pertanto, ritenuto ogni questione sul punto superata dalla pronuncia della Consulta che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, delle Legge n. 210/1992 nella parte in cui non prevede il diritto ad un indennizzo, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla medesima legge, a favore di chiunque abbia riportato lesioni o infermità, da cui sia derivata una menomazione permanente all’integrità psico-fisica, a causa della vaccinazione contro il contagio da virus dell’epatite A, respingendo così definitivamente il ricorso del Ministero della Salute.
La decisione della Consulta e la conseguente sentenza della Cassazione rappresentano sicuramente un punto di riferimento importante anche per altri futuri ed eventuali danni provocati dalla somministrazione di vaccini non previsti dalla legge come obbligatori ma fortemente raccomandati. Soprattutto in questo momento storico considerata l’attuale pandemia da Covid-19 e la forte campagna vaccinale in atto per contrastare la trasmissibilità del virus.
Al momento non è stata ancora rilevata alcuna correlazione tra vaccini anti-Covid e gravi effetti collaterali. Tuttavia, sono diversi i casi emersi in questi giorni di eventi tromboembolici a seguito della somministrazione vaccinale e per tale ragione è stato ritenuto opportuno avviare studi più approfonditi da parte degli enti preposti.
Nel caso in cui emergesse un nesso di causalità tra i due eventi, la recentissima sentenza della Corte di Cassazione ha già segnato la via maestra da seguire.